Per chi ama la letteratura, scrivere racconti, essere cittadini del mondo e riflettere sulla Settima Arte

venerdì 6 aprile 2012

Cesare Deve Morire (2011) by Paolo e Vittorio Taviani


Cesare Deve Morire
di Paolo e Vittorio Taviani

Giovanni Arcuri (Cesare)
Cosimo Rega (Cassio)
Salvatore Striano (Bruto)
Antonio Frasca (Marcantonio)
Juan Dario Bonetti (Decio)
Vincenzo Gallo (Lucio)
Rosario Majorana (Metello)
Francesco De Masi (Trebonio)


Tra gli angoli chiusi e angusti della sezione di massima sicurezza di Rebibbia si consumano non solo le ore di pausa e le riflessioni dei detenuti, ma anche la cospirazione che porterà alla morte di Cesare da parte di alcuni senatori romani per salvaguardare lo stato della Repubblica. Gli attori sono gli stessi carcerati che, da Buenos Aires a Napoli alla Sicilia a Roma, interpretano il proprio desiderio di redenzione e non solo: l'introspezione e l'aderenza ai personaggi li porta a oscillare tra la cruda realtà e la finzione drammatica del testo di Shakespeare, che mai come in questo caso vive di luce propria grazie a un laboratorio teatrale che agisce come una capsula intestinale sul reale per rilanciare la vita della gente e cambiarlo. Salvatore Striano diventerà attore sul serio (Gomorra, Fortapàsc, Gorbaciof), mentre un altro compagno rivela che da quando ha conosciuto l'arte la stanza che lo ospita è davvero diventata una prigione.

Il nuovo film dei Taviani è avvolto nell'acciaio grigio di Rebibbia come un fazzoletto d'argento in un bicchiere di cristallo. Reinventa gli spazi angusti del penitenziario come un suggestivo, creativo ed estremamente versatile set teatrale in un'operazione che ricorda molto da vicino quella di Al Pacino con il Riccardo III, caricandosi ancor di più di un valore sociale ed evocativo anche grazie al bianco e nero lucido (intervallato dal colore della rappresentazione finale a teatro) di Simone Zampagni.

Un'opera commovente e rigorosa, scandita da una messa in scena che evoca di tanto in tanto un cinema che ultimamente abbiamo perso (l'espressionismo, Dreyer, il Pasolini più periferico). Segno che per fare della grandissima settima arte non servono necessariamente investimenti d'oltreoceano. In Germania lo sanno bene: e infatti gli hanno dato l'Orso d'Oro.


VP