Per chi ama la letteratura, scrivere racconti, essere cittadini del mondo e riflettere sulla Settima Arte

venerdì 5 aprile 2013

Il Grande e Potente Oz (2013) by Sam Raimi


Oz the Great and Powerfull (2013)
di Sam Raimi

James Franco (Oz)
Mila Kunis (Teodora)
Rachel Weisz (Evanora)
Michelle Williams (Annie / Glinda)
Zach Braff (Frank / Finley)
Bill Cobbs (Master Tinker)
Tony Cox (Knuck)
Abigail Spencer (May)


A pensarci bene, in tempi di crisi che richiederebbero eroi tecnici, freddi e capaci, non è così incoraggiante che un allegro popolo di una città fiabesca segua le indicazioni di un impostore, spacciatosi per salvatore del regno contro le malefatte di streghe cattive. E se la serie de Il Mago Di Oz, proprio a partire dal modello originario (il romanzo dell'anno 1900 di Frank L. Braum), portava in scena simbologie politiche esplicite per la società di allora, in merito alla situazione odierna il blockbuster disneyano di Sam Raimi fa venire in mente, piuttosto grottescamente, la Corea Del Nord e il suo Caro Leader.

Non fosse altro perché il grande e potente mago, abile illusionista e dispensatore di carillon della finta nonna morta per fanciulle conquistabili, viene risucchiato dal suo mondo in bianco e nero nei colori sgargianti di una strada di mattoni gialli e di una natura rigogliosa. In una specie di ridente Pyongyang, la città del film, i contadini, i fabbri e l'intera classe operaia aspettano, come da leggenda, il magico salvatore che viene dall'alto per donargli, in cambio della salvezza, le porte del regno e un castello pieno d'oro che farebbe felice Paperon De' Paperoni con le sue vasche a nuoto.

L'amabile cialtrone, interpretato da un James Franco sulla cresta dell'onda e qui "johnnydeppizzato", quantomeno è invaso dai sensi di colpa e tira giù la maschera fin da subito a pochi intimi. Questi, in modo veramente irresponsabile, lo esortano a continuare la pagliacciata e a spremersi le meningi per diventare davvero il grande e potente mago di Oz, in grado di sconfiggere la strega cattiva e le sue diavolerie. L'idea gli viene, attingendo dalla parte migliore del suo carattere (ovvero l'ammirazione per gli scienziati), e tutti vivranno felici e contenti come nella miglior tradizione Disney.

Il film ha un inizio vorticoso e molto in linea con la la storia cinematografica della saga: titoli di testa anni '30 e atmosfera circense da classicismo hollywoodiano, amplificata da un 3D inutile e che non aggiunge nessuna vera magia al racconto. Poi, quando i toni fiabeschi si sviluppano nei loro colori caramellosi, tutto diventa un incrocio tra un film dell'ultimo Tim Burton e Hugo Cabret: sarebbe più o meno godibile, quasi perfetto, se il meccanismo narrativo non fosse difettoso in sede di sceneggiatura. Non convincono le motivazioni dei personaggi, soprattutto quelli antagonisti, un po' deboli e molto meno affascinanti di quanto vorrebbero.

E a questo si aggiunge un limite metalinguistico: Il Mago Di Oz del '39 per la regia di Victor Fleming era anch'esso un blockbuster hollywoodiano prodotto con grande dispiego di mezzi (e soldi), ma possedeva la magia di certo artigianato cinematografico dell'epoca per il puro e semplice fatto che le scenografie teatrali e le imperfezioni dell'immagine, ancora lontana dalla pulizia digitale e dalla terza dimensione, rendevano il racconto straordinariamente caldo e vicino allo spettatore. Ammaliava con la grazia di Dorothy che cantava Over the Rainbow, punta di diamante della carriera "maledetta" di Judy Garland, e con quei compagni di viaggio un po' naif (l'Uomo Di Latta, lo Spaventapasseri) che ti entravano nel cuore proprio per la loro rudimentalità.

Roba magica, che agli albori di un grande cinema arrivava laddove nessun progresso tecnologico mai arriverà.


VP