Per chi ama la letteratura, scrivere racconti, essere cittadini del mondo e riflettere sulla Settima Arte

mercoledì 11 dicembre 2013

La Divina Commedia (1991) by Manoel De Oliveira



A Divina Comédia (1991)
di Manoel De Oliveira

Mário Viegas (philosopher)
Diogo Dória (Ivan)
Ruy Furtado (director)
Carlos Gomes (Adao)
Luís Lima Barreto (Pharisee)


Una villa nel verde con i suoi salotti ben arredati e un gruppo di personaggi letterari e filosofici. Anzi no, una casa d’igiene mentale immersa nel verde con salotti ben arredati e un gruppo di pazienti che discutono e si confutano in buona fede; gli infermieri intervengono quando Adamo ed Eva ricostruiscono il gesto di ribellione verso l’autorità divina, che a sua volta gli rovescia addosso una pioggia scrosciante, così come moderano le conseguenze più patetiche di ogni personaggio in continua esplorazione della propria cifra caratteriale. A fare da raccordo a questo girotondo d’interpretazioni, che si montano e si smontano e si evolvono (con Eva che diventa una pudica Santa Teresa come a mostrare l’altra faccia di una stessa medaglia), non sono solo i divanetti e le grandi tavolate ma anche la musica suonata dalla pianista Maria João Pires a cui il regista De Oliveira offre la possibilità di eseguire un ampio repertorio.

Il gioco è semplice e ha il fascino di un’idea intellettuale affrontata con curiosità: presentare in una messa in scena teatrale raccolta i protagonisti di Delitto e Castigo, i Fratelli Karamazov e poi Lazzaro e altri compagni biblici per interrogarsi sul ruolo dell’Uomo nel rapporto con la propria coscienza, col mondo e con l’Assoluto. Il cinema di De Oliveira, allora ottantatreenne, è caratterizzato da un impegno alleggerito da una forma fresca e saggia da diventare divertimento concettuale ed esplorazione delle debolezze umane e della Storia: declassa il Mito (letterario, religioso, intellettuale) e allo stesso tempo innalza l’umanità alienata al rango d’istituzione dialettica. Il fascino del film è racchiuso e limitato all’idea e alla personalità degli interpreti: i personaggi parlano e si muovono negli spazi chiusi e aperti rispettando le proprie caratteristiche ma mai andando al di là di se stessi. Per essere un’opera che strizza l’occhio alle forme d’arte e di pensiero più aristocratiche si tratta di un paradosso.

Sagace e paradossale.


VP