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martedì 31 gennaio 2012

LO SPECCHIO DEL NAUFRAGIO DELLA BUONA FEDE (31/01/2012)

Sarebbe troppo banale parlare in sé del capitano Schettino e del suo "coraggio"nell'affrontare imperterrito i propri doveri o della laurea honoris causa a Napolitano che se non altro alimenta la percentuale dei laureati con un impiego fisso, peraltro prestigioso. Così come è scontato perdere anche solo 5 minuti a sfogarsi contro chi dall'alto delle proprie raccomandazioni dà degli "sfigati" a una sterminata parte di popolazione italica forse non ancora disperata, o forse una "casta", sicuramente disorientata a cui noi di VP siamo ben consci di far parte.

Ma a suscitare più interesse è ancora il ruolo dell'informazione nella distribuzione dell'attualità alle diverse categorie di cittadini. I quotidiani cartacei si stanno ormai arrendendo al pionieristico avvento dei tablet tatuati con frutti e androidi e le proprie risorse economiche non hanno più la consistenza dei bei tempi, quando la tecnologia e la pluralità d'informazione selvaggia non avevano ancora liberato le menti della clientela. Così i pochissimi spifferi d'ossigeno dell'editoria odierna vengono proprio da coloro per cui una mela non è altro che un frutto da mangiare a tavola con i nipotini e un androide è solo un personaggio di uno strambo sci-fi degli anni '70: i vecchi (di età o di spirito, non ha importanza).

E gli editori ben sanno che i vecchi si nutrono del sentimento di nostalgia per i tempi andati, quando tutto era più "chiaro" e "sano". E il risultato non può essere altro che un'ondata di moralismo e di voglia di parlar male degli "altri" (spesso deridendoli) che si propaga sottopelle fino a tramutarsi in business. Ed è un virus che infetta anche i sistemi più oliati, quelli più perfetti: pure in un paese grandioso per organizzazione e dignità morale come la Germania.

Che Der Spiegel non amasse l'Italia e gli italioti era evidente... o meglio, era evidente che facesse leva su certa bassa e viscerale anima tedesca per vendere copie e divertire sulle mafie, le pizze e i baffi neri. Che desse agli italiani "dei codardi" dopo il caso Concordia era un atto preventivabile e che fa riflettere su dove si possa arrivare per vendere qualche copia in più, perlopiù nel paese della filosofia e dell'accoglienza del diverso, dove milioni di turchi hanno trovato un presente grazie a una gestione dell'immigrazione che è un esempio per tutta Europa.

Ed era ovvio che la risposta italica non si sarebbe fatta attendere. Perché è evidente che se i moralisti bigotti e nazionalisti beceri stanno nel paese della fratellanza tra culture, nel disastrato territorio nostrano i nonni che si gonfiano il petto di inno e amor patrio sono molti di più e fruttano ancora tanti bei soldoni. E chi meglio di quei fenomeni de Il Giornale potevano dare il via? "A noi Schettino, a voi Auschwitz", l'editoriale di quel mirabile professionista di Alessandro Sallusti che non ha assolutamente messo in scena alcun personalismo e, al contrario, si è dimostrato fine critico dei costumi altrui, con un'onestà intellettuale pari a quella di Tuttosport quando parla del calciomercato della Juventus.

Davanti a cotanta cultura non abbiamo assolutamente voglia di ricordare che nessuno come la Germania ha pagato i propri crimini di guerra, perché si sa, per molti lettori di questi quotidiani noi non siamo altro che maledetti traditori esterofili, simpatizzanti delle altre culture. Ma la cosa che ci fa male è che se Sallusti è riuscito a scrivere quel pezzo significa che l'unione tra i popoli europei (che è l'unica via per gli italiani di risollevarsi dal lutto di una nazione morta) è una strada ancora difficile e piena di insidie. Perché se esistono testate come il Giornale o la Padania o Tuttosport o Der Spiegel significa che esiste un mercato che ne avvalla il business.

E il mercato siamo noi.


VP