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martedì 18 dicembre 2012

UN AMORE A STOCCOLMA (18/12/2012)

Sarà il caldo inusuale per essere quasi Natale, sarà che mi manca la mia ragazza cinese che sta facendo gli esami e di cui presto parlerò, sarà la sconfitta della Roma a Verona, sarà la mancanza del nord Europa e delle sue atmosfere. Oggi mi sento malinconico... e ieri notte i sogni mi hanno portato lontano nel tempo... quando scoprivo l'esistenza di un'alternativa alla vita familiare che ho sempre vissuto con stanchezza e che sta continuando a inghiottirmi ancora oggi... e forse per sempre.

Questo scritto è tratto dal mio diario personale del mio primo viaggio nel nord Europa, datato 27 agosto 2004. E parla dell'amore... per una razza, per un'idea di ragazza, per quella fidanzata scandinava che spesso ho tanto desiderato ma che non ho mai avuto.

Oggi che sono diventato più orientale, forse più freddo, sicuramente disilluso, mi fa piacere condividere questo pezzo con voi, lettori di questo blog e amici di Facebook.


Stoccolma (27/08/2004)


Questo viaggio è un viaggio d'amore. Non amore per una donna, né per un uomo, né per un cane, né tantomeno per una madre. È un amore che mi colse tempo fa e che non mi permette ancora di dare la giusta tranquillità alla vita di un insoddisfatto perenne. Un'insoddisfazione che ha origini e radici millenarie, in continua e famelica ricerca di una visione, un piacere autentico, un occhio diverso. Un occhio in cerca di altri occhi, altre pupille, colori lontani: occhi come lame di ghiaccio che ti trafiggono il cuore. E ti iniettano la speranza che nel mondo ci sia davvero qualcosa di migliore.

Occhi di una Dea, occhi di un'ossessione, ossessione di perfezione, che rende perfetto ogni errore di questo mondo. Un amore doloroso ed enigmatico, amore incomprensibile e mai sazio. Mi immobilizza, mi imbarazza, mi accompagna in ogni cosa che faccio: un problema enorme. Ma tu, amore, non sei un problema, tu sei IL problema: mi solleciti, mi respingi, mi mostri un'indifferenza che bagna di amarezza i miei occhi scuri e latini... che trovano sollievo posandosi sul tuo oceano azzurro di ciglia battenti e fulgida speranza. 

Ieri ti ho visto tante volte e sentivo la mia presenza inutile, insignificante... al massimo una curiosità, come quegli egiziani ben vestiti che mi sembrava ti trattassero malissimo, ma di cui apprezzavi le attenzioni. Forse ti piace tutto questo, speri di essere maltrattata, di incontrare qualcuno capace di sporcare con parole e gesti quell'azzurro dei tuoi occhi troppo perfetti. Quell'azzurro capace di levare, come onde del mare, qualsiasi granello di terra dal bianco soffice della tua pelle vaniglia.

Ma io non posso trattarti male, disprezzarti sull'altare di culture e religioni... tu, rappresentazione esemplare del potere di Dio. Ti ricorderò con quelle orride scarpe che in questa nazione tanto piacciono. Ti ricorderò camminare a piedi nudi sulla moquette sporca di una terza classe. Ti ricoderò come quella ragazza che nella discoteca del centro si voltava continuamente a guardarmi, forse in attesa di qualcosa, forse per sapere chi fossi, perché non ti ho staccato gli occhi di dosso dal primo disco messo dal DJ. Quella ragazza che mi ha fatto paura... a cui ho dovuto voltare le spalle.

Cara Svezia tu mi illudi, mi vizi gli occhi, mi bruci il cuore. Mi seduci e mi abbandoni. Forse cercherò di imparare la tua lingua, i tuoi segreti. Ma ora guardo l'orizzonte su Gamla Stan e non c'è altro che una promessa di felicità.

Una promessa non mantenuta.

Addio.


VP