Per chi ama la letteratura, scrivere racconti, essere cittadini del mondo e riflettere sulla Settima Arte

venerdì 25 aprile 2014

IL 25 APRILE: LA LIBERTÀ, PERCHÉ IN ITALIA IL COMUNISMO È LECITO E IL FASCISMO NO (25/04/2014)

Non c'è niente che mi faccia più arrabbiare del pensiero inculcato con la forza, la retorica dell'osservare valori bombardarti mediaticamente e un'educazione imposta da un sistema. Il Nazionalismo, che sia una competizione sportiva, un'autoreferenziale ostentazione del proprio "io" o del proprio "noi" oppure una celebrazione di caduti in guerra siano essi partigiani o fedeli alla dittatura crollata.

Oggi è 25 aprile e si festeggia la Libertà. Libertà da cosa? Dal Nazifascismo, da un modo di intendere la vita che metta dei valori piccolo borghesi come Dio, patria, famiglia molto prima della libertà d'espressione e di critica, quella che da Hitler a Ceauşescu all'odierna Corea Del Nord viene segregata nei campi di prigionia, nei manicomi, dove spesso gli intellettuali, coloro che in qualsiasi società civile fungono da spinta verso il progresso umano infilando il coltello nelle piaghe nere di un potere costituito, sono allontanati per preservare una normalità mediocre e conforme.

Il 25 aprile consegnò all'Italia la Democrazia, la possibilità di scegliere il proprio destino, la pluralità d'informazione, una Costituzione che cercò di legiferare il miglior stile di vita per un paese dalla cultura aperta verso lo scambio di capitali umani e intellettuali. Ci consegnò anche la voglia di combattere, la forza degli ideali che qualche decennio dopo si sarebbero macchiati di piombo, una sfilza di simboli, di manifestazioni, di loghi attraverso cui arricchire la propria persona in società. Ci consegnò la possibilità di seguire una rivoluzione tecnologica che dalla radio ha portato alla televisione e infine al computer e una lista interminabile di organi d'informazione da seguire a piacimento.

Ma se tutto questo non fosse successo, cosa sarebbe stato dell'Italia? Non è mia intenzione formulare strambe ipotesi che potrete trovare ben romanzate in libri ambientati in una fantascientifica Germania Nazista vincitrice della Seconda Guerra Mondiale, né convincere qualcuno ad accettare le mie idee. Sicuramente, però, gli italiani, che già di per sé sono un popolo provinciale, legato alla terra e a un mondo quasi feudale e che nel Dopoguerra era ancora per molte aree geografiche colpito dall'analfabetismo, non avrebbero goduto di una rivoluzione industriale che avrebbe portato il paese alla ricchezza pur sfruttando la cortina di ferro che si trovava più a est. Né l'Italia sarebbe diventata per molti anni il centro culturale dell'Europa Occidentale, con fior di artisti e intellettuali ad arricchire il patrimonio culturale del Novecento italiano.

La criminalizzazione del Fascismo e di Benito Mussolini fu qualcosa di probabilmente caotico e disordinato, una reazione di pancia, probabilmente una furberia da parte di coloro che magari durante il vituperato Ventennio fascisti lo erano davvero e che salivano sul carro dei vincitori una volta che la stella rossa passò come simbolo della liberazione e della lotta armata. Il vezzo tipicamente usato a sinistra di riversare odio verso una dittatura che in Italia, a conti fatti, fece molto (a livello architettonico, infrastrutturale) ha portato il Fascismo stesso a diventare un tabù per l'italiano medio che proprio non ce la fa a rinunciare a quel Dio, patria, famiglia che la propaganda di regime sbandierava con patetico fervore dai manifesti affissi nelle strade al gergo astrusamente eclatante dei cinegiornali targati Luce.

E il NeoFascismo missino, i personaggi tipo Almirante, per cui l'italiano medio è sicuramente più importante di quello aperto alla diversità, quello che ti porta quei voti di rottura che ti fanno salire alla ribalta di un mondo "democraticamente cristiano", si sviluppa come una nicchia avanguardista, come un Comunismo nero, come forza anticonformista che predica lo Stato di Polizia, ovvero il conformismo stesso, però lottando allo stesso tempo contro la stessa polizia, che segue la Costituzione antifascista, per rivendicare la libertà d'esistere.

Come ben avete intuito, la Democrazia ha portato caos, una serie di contraddizioni e di elementi disordinati che si muovono come schegge impazzite e producono scontri, dibattiti feroci e superficiali, persino morti da tutti gli schieramenti. I fascisti di oggi, quelli che per la Costituzione compiono un reato gravissimo, quelli banditi dalla vita politica del paese per poi riapparire con nomi diversi ma font, fiamme, colori e immagini chiaramente ammiccanti, che quella parola con la F la usano tra di loro salvo poi nasconderla pubblicamente dietro forme estetiche proprie dell'autoritarismo, si sono ricamati un ruolo ben preciso nella società odierna: quello della reazione all'ipocrisia democratica, quello della lotta alla finanza che specula sulle vite umane e al capitalismo selvaggio, quello della conservazione di antichi valori e tradizioni che nelle periferie delle città campeggiano con scritte eclatanti tese a rendere epica, come il regime faceva allora, una quotidianità assai poco entusiasmante.

A scuola i libri di Storia (scritti dai vincitori, un misto di coscienza yankee sionista e Comunismo) c'hanno raccontato gli orrori dell'Olocausto, dei campi di concentramento di Auschwitz e Mauthausen, c'hanno dipinto come eroi quei partigiani e quegli jugoslavi che gettarono gli italiani che non rinnegarono la propria patria nelle foibe. Dei Gulag, delle purghe staliniane, di tutti i crimini sovietici in Cecoslovacchia se ne parla pure, ma il confronto è impari, soprattutto se a vincere Oscar e riempire gli spazi televisivi sono i reduci dello sterminio, i nipoti degli uccisi delle Fosse Ardeatine.

È giusto tutto questo? E, soprattutto, impedire che idee antidemocratiche non possano svilupparsi nelle attività di un partito dichiaratamente fascista non rappresenta una mancanza di libertà? Può definirsi davvero libera una democrazia che non permette di esprimere un desiderio di dittatura, di un orgoglio nazionale che imbavagli qualsiasi opinione avversa, che respinga i nemici dello Stato bollandoli come provocatori o, peggio, traditori della patria, che ripulisca un paese dall'immigrazione ridando l'Italia agli italiani come uno slogan antieuropeista ormai pontifica da tutte le parti?

Me lo chiese ieri un ragazzo con cui feci serata, uno di quelli che si è ritagliato una posizione ideologica a destra, uno che evidentemente venendo da una famiglia conservatrice, come ad esempio anche la mia, ragiona con la logica del branco, con la conservazione delle proprie caratteristiche minate dal multiculturalismo forzato. Ne ho conosciuti tanti in tutti questi anni: ragazzi che odiano gli zingari, che i neri li prendono in giro, salvo poi farsene qualcuno amico per provare, innanzitutto a se stessi, di non essere razzisti ma solo vogliosi di ordine.

A questo ragazzo, così come a molti dei miei lettori io offro il mio personale punto di vista, senza che la prendiate sul personale ma che, anzi, questo spunto possa ulteriormente approfondire la dialettica tra opposti pensieri.


Io penso che in Italia il Comunismo sia lecito e il Fascismo no

Fascismo e Comunismo sono stati considerati nel Novecento due movimenti politici e ideologici opposti, per quanto si tratti due tipi di Socialismo.


Il Fascismo si rifà a un ideale di identità nazionale contrario alla pluralità d'informazione e favorevole alla conformità di pensiero di una classe media; è stato un fenomeno strettamente figlio dell'industrializzazione, del passaggio da una vita rurale all'affollamento della città a cui l'italiano medio non era ancora pronto e per cui serviva un movimento politico forte e autoritario. È stata una dittatura che ha tolto libertà agli italiani e ha ostacolato tutte le attività intellettuali di critica al paese allo stesso modo dell'Unione Sovietica stalinista.

Per questo, in una Democrazia, il Fascismo deve essere considerato un fenomeno figlio della Storia tecnicamente e spiritualmente superato per quanto i lati oscuri del libero mercato ne facciano ritornare a galla delle scorie di inciviltà e intolleranza.


Il Comunismo è stato un movimento politico e una dittatura ma è stato anche un movimento di pensiero nato nell'800 e che si è espresso nelle più svariate forme. Comunisti sono stati filosofi, intellettuali, artisti, contestatori dell'Unione Sovietica, socialdemocratici.

Anch'esso è stato superato dalla Storia, salvo poi vivere in forme assai ambigue in paesi come Cina, Vietnam fino alla Corea Del Nord che ne rappresenta il lato più repressivo.

L'esistenza di un Partito Comunista è lecita perché i crimini di Tito, Stalin, Ceauşescu hanno relativamente poco a che fare con Marx, Engels, Pasolini, Gramsci, Sartre, Berlinguer e soprattutto Lev Trotckij, personaggio assai poco studiato, grande e valoroso nemico del dittatore georgiano. I simboli relativi a quel Comunismo, più socialdemocratico che slavo, la lotta di classe, l'analisi del rapporto tra padrone e operaio o contadino (appartenente originariamente al mondo rurale del XIX secolo), l'emancipazione femminile in società bigotte, una spinta al rinnovamento del pensiero rendono l'uso degli stessi una dichiarazione d'amore verso un ideale di mondo progressista in cui ognuno può costruirsi la propria felicità senza imposizioni centrali.

Dovrebbe essere invece punito severamente l'uso provocatorio di quei personaggi già elencati che hanno reso il Comunismo dei loro paesi un'inumana prigione a cielo aperto. La gente dovrebbe imparare a pensare con la propria testa e valutare razionalmente, perché con simboli così forti, di morte e violenza, è molto facile lasciare spazio al fanatismo e alla codardia.


Tornando all'argomento originario, il 25 aprile dovrebbe essere una vera festa della Libertà: libertà di pensare, di dire per strada, anche a nessuno, quello che passa per la propria mente, esprimersi senza freni che non siano quelli del vero rapporto che ognuno di noi ha con la società. Un rapporto che il caos ha reso nel tempo odioso, che ci tiene legati peggio talvolta della più feroce dittatura. Poco importa delle parole di Napolitano, dei messaggi di Renzi su Twitter, del moralismo da quattro soldi che vorrebbe strumentalizzare tutto alla ricerca spasmodica di voti e opportunità materiali. La Libertà va salvaguardata, un valore da conservare gelosamente e senza falsa retorica.

Potrebbe sembrare una banalità, ma purtroppo non lo è.


VP