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domenica 13 maggio 2012

LASCIATE IN PACE IL PUB CRAWL (13/05/2012)

Avevo già da tempo in mente di scrivere un post su un fenomeno a me caro, quello che forse ha rappresentato al meglio i miei momenti di svago negli ultimi 6 anni. E l'avrei voluto fare usando toni dolci, nostralgici, tipici di qualcosa che ha un tempo furoreggiato e che è lentamente appassito come tutte le piccole grandi cose della vita. Purtroppo però c'è stata un'entrata a gamba tesa in primis da parte delle istituzioni, in seguito da parte dei media. Quindi mi trovo a parlare del pub crawl proprio la notte (anzi, mattina direi, sono le 05:11 am come direbbero gli americani) in cui sono stato dopo tanto tempo "rimbalzato" da una serata che si preannunciava ricca di incontri, dove per rimbalzare si intende negare l'entrata in un club notturno a persone sprovviste dei requisiti (in genere formali, di vestiario) per partecipare all'evento.

Ma andiamo con ordine: credo che tutti quanti sappiano ormai cosa sia il pub crawl. Quando vedete in centro a Roma o a Praga o a Londra o a Cracovia un gruppo enorme di ragazzi tra i 19 e i 26 anni schiamazzanti in gruppo passeggiare in direzione di un locale si tratta, a meno di strambi tour organizzati da agenzie turistiche che ormai usano solo i vecchi, proprio di un giro di pub/disco/bar dove si beve e ci si conosce. Una sorta di moda nata negli USA in cui ragazzi di ogni paese si riuniscono in una città solitamente estranea alla maggior parte dei partecipanti e si divertono prendendo in molti casi la prima sbronza della vita. Nel pub crawl come già detto si beve, si gioca a beer pong e ai drinking games tipici dei college americani (di solito sempre in un primo bar nascosto e intimo, interamente dedicato all'evento) e una volta conosciuti a vicenda si creano contatti con cui passare il resto della serata in cui ci si inoltra nei locali della gente del posto fino all'ultimo step che porta tutti in una grande discoteca.

Ovviamente il tutto è sempre avvenuto in modo clandestino: al pub crawl si paga 20 euro e non si riceve nessuno scontrino, né biglietto con timbro SIAE che attesti il pagamento di una performance ad esempio musicale come quella del dj dell'ultima discoteca. Fino a 2 anni fa trovavi i ragazzi (solitamente stranieri) reclutati dall'organizzazione dell'evento con flyer e sponsorizzazioni in mano già nel primo pomeriggio nei maggiori punti turistici di Roma: ti vendevano non la semplice entratata in alcuni posti, bensì ti proponevano l'idea di un party quasi genuino con le strade di Roma al posto di un'abitazione e 20 euro da dare al posto di preparare una torta al cioccolato o un vassoio di rigatoni.

In questo caso il pub crawl è stato davvero un simbolo generazionale che riguarda noi degli anni 2000. Nato sul web, ha rappresentato quello che le balere erano per i ragazzi degli anni '50/'60 fino all'avvento del Piper e delle prime discoteche: una piattaforma di conoscenze e dialoghi in inglese che testimonia come la cultura anglosassone sia stata in grado di influenzare ragazzi di tutte le nazioni. Tutto ciò facendo proprio leva su quel sentimento di appartenenza a un circolo privato (che sia un college o una cerchia di amici) che per gli americani è la regola: altrimenti perché mai si venderebbero quelle tarocchissime felpe di "Università Di Roma" inesistenti in quei negozietti (loro sì legali) dove trovi anche le maglie sintetiche di Totti, Hernanes e Del Piero con strane patacche sulle maniche? D'altronde in Inghilterra e soprattutto negli USA non esiste il termine "andare in discoteca", bensì "entrare in un club", dove l'importante non è il luogo materiale dell'evento, ma la rete di contatti che viene innanzitutto prima di una serata.

E così dal 2003 (anno dell'inizio del Colosseum Pub Crawl, il primo in Italia, in seguito spodestato per molti anni dallo Spanish Steps) a Roma c'è stato un boom del fenomeno, soprattutto tra il 2004 e il 2008, che lo ha visto espandersi e godere del passaparola dei ragazzi americani che tornando in patria consigliavano agli amici che si apprestavano a iniziare l'eurotrip di fermarsi nella capitale italiana e aspettare sui primi scalini di piazza di Spagna di essere abbordati dai ragazzi dell'organizzazione: altro che Musei Vaticani o Chiostro Del Bramante. Il pub crawl romano era considerato uno dei migliori d'Europa proprio perché il suo centro storico si presta benissimo alla camminata notturna tra la zona di via Del Corso e quella di piazza Navona: l'evento ha toccato tutti pub più in vista e le maggiori discoteche arrivando persino a Testaccio (l'ultimo Colosseum), con tanto di autobus preso dall'intero gruppo senza biglietto.

Ma chi è a capo di tutto questo? A chi sono finiti i soldi dei migliaia di ragazzi che hanno partecipato ogni notte di tutte le stagioni (soprattutto d'estate, arrivando fino a gruppi di 300 persone)? Personalmente mi sono fatto un'idea, anche se ho sempre pensato che i boss del pub crawl non si siano mai visti in tutti questi anni ma hanno lasciato a quelli dell'organizzazione in modo piramidale il compito di prendersi la responsabilità dell'immagine dell'evento. In ogni caso non è difficile immaginare le famiglie romane che stanno anche dietro ai traffici di rose rosse con cui ogni notte vengono importunate coppiette e ragazze, o alle caldarroste vendute a prezzo vergognoso nelle notti ghiacciate di gennaio o ai venditori di alcol sulle scalinate di piazza di Spagna.

Come sempre si dice se il lavoro non c'è lo si crea. Ed è qui che la rabbia mi esplode in tutta la sua furia: io sono uno degli italiani che, vuoi per assaggiare qualche lingua straniera, vuoi per voglia di party, ha frequentato decine di pub crawl. Sono anche un disoccupato, o meglio un laureato con tanto di master di un'università prestigiosa economica a cui viene sempre sbattuto in faccia dai più rancorosi e dai moralisti il nickname di "bamboccione". D'altronde secondo certa gente la soluzione di tutti i problemi si racchiude in un "vai a lavorare" oppure in un "investi su te stesso".

Beh se ci si pensa chiunque abbia portato il pub crawl a Roma ha in un certo senso investito su se stesso: ha trovato un mercato, un target (i ragazzi americani, gli studenti delle università americane, gli erasmus, gli italiani frustrati come me in cerca di ambienti internazionali o di biondine da baciare), una reason why (la voglia di divertirsi con la città eterna viva protagonista). Dal punto di vista economico il pub crawl è veramente un'impresa geniale, ineccepibile.

Ma dopo la morte di un ragazzo che ubriacatosi si è lanciato nel Tevere, lo straordinario sindaco Alemanno, da cui ci aspettiamo a breve la solita estiva ordinanza ridicola che non ci permetterà di stare a Campo De' Fiori con una birretta in mano (per via della piaga dell'alcolismo dei giovani... uhhhhh), ha vietato il pub crawl che nel frattempo ha cercato di rilanciarsi nell'ombra: si sono spostate le sedi e i luoghi d'incontro e il programma ha subito variazioni che inevitabilmente non ha più permesso la riuscita di Toga parties (ricordate il mitico Animal House di John Landis?) o eventi piacevoli come l'Indipendence Day (4 luglio) e il Blame Canada.

A dare il colpo di grazia, ecco il servizio delle Iene (Italia 1) in cui tale Agresti fa intrufolare un suo giovane collaboratore al Colosseum, quello che si era meglio ripreso per via del giro spostato a Testaccio (dove c'è casino e non si dà tanto nell'occhio), raccontando il pub crawl in modo superficialissimo e dando corda a tutti i moralisti che da 40 anni vedono nelle febbri del sabato sera solo un ammasso di ubriachi senza valori da prendere a calci nel sedere. Peraltro alla fine del servizio Agresti fa uno sketch in cui dà delle uova ai ragazzi dopo aver mostrato al di fuori dell'Akab (la discoteca in cui termina il giro) scene di vomitate che a Testaccio si sono sempre viste, anche stanotte prima che il gruppo arrivasse preceduto dal sottoscritto che almeno si è goduto qualche ora di atmosfera internazionale.

Ma il punto è un altro. Come mi diceva il mio compagno di esperienze se le Iene fanno ora un servizio su un fenomeno che era già nell'occhio del ciclone da un paio di anni un motivo ci sarà: non fatichiamo a immaginarci le manovre di gente con un potere a cui il pub crawl o dà fastidio o non è più una sacca da cui mangiare. D'altronde l'Italia è così... è il posto dove se vuoi qualcosa vai e te la prendi... dove chi se la prende nel culo siamo sempre noi giovani (disoccupati, fannulloni, malati di voglia di sesso), che viviamo (male) in un posto dove di problemi ve ne sono a migliaia... e ovviamente istituzioni e imprenditoria ci levano anche una cosa che di sicuro non ci cambiava l'esistenza ma quantomeno ce la rendeva più piacevole...

Sono le 7 di mattina e ieri sera davanti alla metro Colosseo (luogo di ritrovo) mi è stato detto che non volevano italiani: mi sono finto turco che vive a Roma ma mi hanno risposto che non vogliono più gente che vive a Roma. Infine sono andato al primo locale cercando di mischiarmi col gruppo (stanotte di sole ragazze... il pub crawl più inusuale e ricco di "opportunità" forse della storia) ma mi è stato detto che bisognava essere in lista (?), quando una vera lista non c'è mai stata, tranne che per un altro pub crawl che un tempo faceva il giro dei bar di Termini e che si basava sugli ostelli attorno alla stazione, il Roma City.

Grazie a tutti quanti...


VP