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giovedì 5 dicembre 2013

La Trilogia Della Vita (1971 - 1972 - 1974)

A cavallo tra gli anni '60 e '70 Pasolini cercò di puntare l'attenzione mediatica sul grande cambiamento che la civiltà dei consumi e l'industrializzazione stava portando nelle case e nello spirito di un'italianità che fino all'avvento della televisione si era mantenuta umile e bella. La classe popolare col boom era diventata ceto medio, almeno per larga parte, il dominio del mezzo televisivo nell'immaginario nazionalpopolare lavorava sul desiderio di un popolo che trovava nel piccolo schermo un dolce tiranno; un consolatorio passatempo che con i suoi primissimi format cercava di aiutare il processo di alfabetizzazione dunque uniformando gli spettatori e indebolendo, fino a disintegrarle, quelle realtà particolari di periferia e di vita rurale che l'intellettuale bolognese aveva amato fino al suo omicidio.

La Trilogia Della Vita, scritta e diretta nella prima metà degli anni '70, è un ideologico, divertito e divertente inno d'amore per un mondo popolare che stava scomparendo, per quei tempi bui, il Medio Evo, che conservavano una propria grazia semplice e violenta. Per superare il piattume dell'etica e dell'estetica televisiva Pasolini si accosta alla pornografia, ne anticipa le malizie e le ossessioni per gli organi genitali, racchiude la cultura e il mito letterario (Boccaccio, Chaucer, gli scrittori arabi della fine del I secolo dopo Cristo) in universi solari e popolari dove le crudeltà e le dolcezze sono gli elementi fondamentali di una sorta di età dell'oro.

Oggi è molto interessante riguardare i tre film che compongono questa trilogia, nonché Salò o le 120 Giornate Di Sodoma che invece era il capostipite di una Trilogia Della Morte conclusasi con la morte dello scrittore regista (che in un certo senso di per sé ne è il sequel): non solo si tratta di splendidi esemplari di narrazione caleidoscopica che propone storie su storie partendo da cornici vive, ma anche di successi al botteghino clamorosi preceduti o seguiti da censure e sequestri (nell'Italietta della Democrazia Cristiana più bigotta) e presumibilmente dovuti al sesso mostrato.

I film della Trilogia Della Vita sono quanto di più prezioso e di più inusuale si possa vedere oggi nel XXI secolo, un'epoca in cui i film seguono quasi tutti un andamento lineare, preoccupati a spiegare le dinamiche narrative per non perdere l'attenzione degli spettatori e trovare ganci per seguiti da sfruttare commercialmente. Al contrario l'ultimo Pasolini è un cinema orgogliosamente e ideologicamente primitivo, che s'affida alla libertà d'espressione per superare l'immaginario comune. Oggi si potrebbe dire che la pornografia degli ultimi 30 anni l'abbia superato e d'altro canto anche Pasolini stesso lo ammise: ma rimane il modo più affettuoso, leggero e curioso di portare su immagine i testi antichi.


Il Decameron (1971) by Pier Paolo Pasolini


Il Decameron (1971)
di Pier Paolo Pasolini

Franco Citti (Ser Ciappelletto)
Ninetto Davoli (Andreuccio)
Vincenzo Amato (Masetto di Lamporecchio)
Angela Luce (Peronella)
Giuseppe Zigaina (Monaco)
Pier Paolo Pasolini (allievo di Giotto)
Vincenzo Ferrigno (Giannello)
Gianni Rizzo (Father Superior)


Non ci sono i fanciulli fiorentini che raccontandosi le novelle sfuggiranno la grande peste e formeranno il futuro della classe dominante. Bensì ci sono i vicoli e le piazze di Napoli in cui Ser Ciappelletto uccide un uomo e ricorre per tutto il film fino alla sua storia di criminale santificato sul letto di morte; nel mentre, però, il perugino Andreuccio si fa fregare da una bella siciliana che si finge sua sorella per poi gettarlo nella merda e rubargli i denari, gliene succedono di tutte finché non impara anch'egli a fregare il prossimo diventando più ricco di prima; un vecchio traduttore da italiano a napoletano racconta alla folla attorno a lui la storia di Masetto che si finge sordomuto per entrare in un convento di suore che grazie a lui scopriranno le gioie del sesso; una giovane e bella fanciulla conquista l'autorizzazione della famiglia per dormire nel fresco del balcone dove la raggiungerà il suo amante; una donna si fa penetrare dall'amante e nel frattempo si prende gioco del marito tornato a casa troppo presto; il furbo don Gianni cerca di rimediare del sesso dalla bella compagna del suo compare con un fantasioso stratagemma; una coppia di amici si promettono a vicenda di rincontrarsi dopo la morte di uno dei due per sapere cosa c'è al termine della vita: si scoprirà che per Dio il sesso non è peccato.

Pasolini è un allievo di Giotto che arriva a Napoli per affrescare la Chiesa di Santa Chiara, fraternizza con il popolo, mangia insieme a collaboratori e frati, non si fa il segno della croce come tutti e il suo genio gli dà le intuizioni nei momenti più improbabili: infine, a lavoro ultimato, si domanda "perché realizzare un'opera quando è così bello sognarla soltanto?".

È ciò che Pasolini ha davvero pensato girando questo film: un'opera eclettica, solare e dionisiaca al tempo stesso che rielabora le novelle di Boccaccio rendendole più esplicite grazie al supporto delle immagini e assemblandole in una cornice composta da un mondo vivo e fervido popolato di attori presi dalla strada e facce di vita vissuta. Dell'intellettuale bolognese è uno dei film più ideologici: smonta l'intenzione boccaccesca di celebrare la nuova borghesia fiorentina, sorta dalle ceneri della peste, per immergersi fin dai titoli di testa (con un canto popolare napoletano eseguito con la banda) in un mondo folkloristico dove la ferocia e la meschinità, come anche il sesso, sono cifre di un animo umano puro e semplice: un Paradiso gioioso dove l'arretratezza culturale è una ricchezza epica. E dove il sesso è svuotato di qualsiasi tabù fino a una piena innocenza.

Il film ebbe un tale successo di pubblico da aprire negli anni '70 un filone di "decamerotici" assai mediocri.


I Racconti Di Canterbury (1972) by Pier Paolo Pasolini


I Racconti Di Canterbury (1972)
di Pier Paolo Pasolini

Hugh Griffith (Ser Gennaio)
Laura Betti (la moglie di Bath)
Ninetto Davoli (Perkin)
Franco Citti (il Diavolo)
Josephine Chaplin (Maggio)
Pier Paolo Pasolini (Geoffrey Chaucer)
Nicholas Smith (Friar)
Dan Thomas (Nicholas)


I pellegrini si recano a Canterbury per rendere omaggio all'Archbishop Thomas Becket; durante il lungo viaggio un tizio invita ognuno a raccontare una novella per allietare gli spiriti. Tra di loro Pasolini nel ruolo di Geoffrey Chaucer si arma di penna e libro e mette in moto l'immaginazione; due giovani spiriti si fanno beffe di Ser Gennaio e della sua sposa Maggio contesa da un giovane baldo che la possiede mentre il marito è diventato temporaneamente cieco; un Diavolo spione si scatena sugli omosessuali, uno di essi non può pagare la salatissima multa afflittagli e viene mandato al rogo mentre lo stesso Diavolo vende le frittelle al pubblico per poi mettersi in cammino con un corruttore che con lui stringerà un patto che gli sarà fatale; un giovane e gioviale mascalzone crea scompiglio a Londra tra locande, mercati e mense dei poveri, verrà preso e ghigliottinato; uno studente inscena un Diluvio Universale per approfittare della moglie di un legnaiolo credulone; a Bath una nobile insoddisfatta del marito cerca la compagnia di un giovane intellettuale che la ucciderà; due studenti di Cambridge se la vedono con un mugnaio, e con le sue donne di casa, che usa rubare il grano altrui; tre amici cercano la Morte per vendicarsi e la troveranno tutti quanti per dell'oro depositato sotto un albero; un frate avido si lamenta di un signore in fin di vita per aver donato quattrini ad altre parrocchie; un angelo invita lo stesso a seguirlo in un caotico inferno dove i diavoli defecano frati a quantità.

Il secondo episodio della trilogia è il più divertente e divertito, quello dove lo scheletro è più chiaro e schematico, dove il sesso è più giustificato dalla narrazione. È il meno malizioso dei tre ma anche quello meno ambizioso, ricrea un'Inghilterra arcaica e sporca dove l'amicizia e l'amore sono regolati dalle opportunità. In questo senso i valori nobiliari della società britannica lasciano il passo al mercantilismo, a un predominio dell'emozione individuale a danno del territorio circostante che nella società del XIV secolo ancora non era inquinato dal processo di industrializzazione. I personaggi, anche quelli più negativi, possiedono un'umanità fatta di paure e desideri. Il futuro è alle porte e nel passato è la salvezza.

Le canzoni sono tutte di tradizione anglo-irlandese, appositamente selezionate dallo stesso regista


Il Fiore Delle Mille e una Notte (1974) by Pier Paolo Pasolini



Il Fiore Delle Mille e una Notte (1974)
di Pier Paolo Pasolini

Ninetto Davoli (Aziz)
Franco Citti (il Demone)
Franco Merli (Nur ed-Din)
Tessa Bouché (Aziza)
Ines Pellegrini (Zumurrùd)
Luigina Rocchi (Budur)
Abadit Ghidei (la Principessa Dunya)
Salvatore Sapienza (Prince Yunan)


Il giovane Nur ed-Din compra al mercato la schiava Zumurrùd che un ambiguo uomo dagli occhi chiari gli ruberà finché una serie di grottesche coincidenze non gli permetteranno di ricongiungersi; intanto però un Re e una Regina scommettono sull'incontro tra due giovani di sesso opposto, di cui il meno bello s'innamorerà; una fanciulla vede il suo destino nel sogno di un colombo grigio imprigionato in una rete e salvato da una colomba bianca per poi volare via insieme; un forestiero incontra il triste Aziz, protagonista di un amore per una sconosciuta che decreterà il suicidio della sua promessa sposa Aziza e la tremenda vendetta dell'amante nei suoi confronti; un giovane finto morto scopre una botola dove una Principessa è schiava di un demone; un nobile indiano durante un viaggio in mare verso un'isola, colpita dall'antica maledizione di un cavaliere, scopre un'altra botola dove trova un Re quindicenne intimorito dai forestieri.

Il terzo episodio della trilogia è il più affascinante in sede di sceneggiatura (scritta a quattro mani con Dacia Maraini), il più travolgente sul piano scenografico, il più poetico. Girato tra Yemen, Etiopia, India e Nepal carica il mondo arabo di suggestioni che si susseguono in un vortice di miti e sentimenti che compongono un'epica che in questo capitolo tocca la sua vetta più alta. Visivamente straordinario, lega il naïf della recitazione degli attori presi dalla strada, e delle scene di massa nei mercati e nei vicoli delle città, a tocchi di regia magniloquenti che indagano un'intimità dei personaggi a tutto tondo.

Un mondo magico dove la tradizione si sposa con la creatività, un'alchimia così vicina alla monumentalità del testo letterario (Le Mille e una Notte) da risultare un capolavoro.


VP